Per l'affidamento conta
la volontà del minore.

Cassazione Israele 2002

Corte Suprema di Cassazione
Giurisprudenza Civile e Penale

Sentenza n. 299 dell'11 gennaio 2002

REGOLAMENTAZIONE DEL DIRITTO DI VISITA DEL MINORE E CONVENZIONE DELL'AJA

(Sezione Prima Civile - Presidente R. De Musis - Relatore G. Luccioli)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso inoltrato all'Autorità centrale presso l'Ufficio per la giustizia minorile ai sensi della Convenzione de l'Aja del 25 ottobre 1980 e dell' art. 7 della legge di ratifica 15 gennaio 1994 n. 64 T. P., cittadina israeliana e madre delle minori (omissis), chiedeva che il Tribunale per i Minorenni di Genova regolamentasse il proprio diritto di visita alle figlie in modo da prevedere anche brevi periodi di vacanza delle stesse in Israele, suo paese di residenza: I'istante prospettava la difficoltà di incontrare le minori in Italia alle condizioni estremamente restrittive poste dal padre e deduceva anche che a causa dei suoi problemi di salute le era stato prescritto dai medici curanti di non volare e che persino le conversazioni telefoniche con le bambine le erano impossibili per gravi fastidi all'udito.

Disposta l'audizione della P., che non compariva, ma veniva rappresentata dai suoi difensori, e dell'ex coniuge M. D., padre delle minori, con decreto del 2 - 6 ottobre 2000 il Tribunale per i Minorenni rigettava il ricorso, osservando in motivazione che l'unico provvedimento allo stato efficace tra le parti era il decreto del 16 - 22 gennaio 1997, confermato il 14 - 20 marzo 1997 dalla Corte di Appello di Venezia, emesso dal Tribunale per i Minorenni di Venezia nell'ambito di una procedura ai sensi degli artt. 330, 333 e 336 c.c., il quale aveva disposto l'affidamento delle minori al padre, delegando al medesimo la regolamentazione dei rapporti con la madre; che non era v nei poteri del giudice adito sindacare detto provvedimento e valutare le ragioni che avevano indotto l'autorità giudiziaria veneziana ad affidare le bambine al D., né precisare tempi e modi di un diritto di visita così regolamentato; che la successiva declaratoria di decadenza della madre dalla potestà, allo stato all'esame della Corte di Cassazione, costituiva comunque indice della valutazione di inaffidabilità della P. compiuta dai giudici di Venezia; che peraltro il Tribunale ordinario di Genova era stato già investito della richiesta di ridefmire le modalità di frequentazione della madre; che il D. non aveva mai impedito gli incontri, ma ispirandosi a modalità contenute in un provvedimento emesso il 16 agosto 1999 dal Tribunale per i Minorenni di Genova, il cui successivo annullamento da parte della Corte di Appello gli avrebbe pur consentito di impedire le visite mensili ivi previste, aveva continuato a seguire la traccia segnata in detta pronuncia, reperendo luoghi e persone idonei a tutelare le minori ed al tempo stesso ad assicurare la maggiore spontaneità possibile dei contatti con la madre.

E pertanto, essendo stato nella specie espressamente previsto un diritto di visita, pur affidato nelle sue modalità alla prudente valutazione del genitore affidatario, e tenuto conto che la situazione appariva ad alto rischio di rapimento, per avere la P. posto in essere ben due illecite sottrazioni delle figlie, considerato d'altro canto che la medesima aveva la concreta possibilità di incontrare le minori, pur con il pesante controllo cui la sua stessa condotta aveva dato causa, rilevato ancora che gli impedimenti fisici lamentati apparivano di natura temporanea e comunque tali da non precludere viaggi in Italia con mezzi diversi da quello aereo, riteneva di non dover adottare alcun diverso provvedimento.

Avverso tale decreto ha proposto ricorso per cassazione la P. deducendo quattro motivi illustrati con memoria. Il D. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va innanzi tutto disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, ai sensi dell'art. 335 c.p.c.

Con il primo motivo del proprio ricorso la P., denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 1, 5 e 21 della Convenzione de l'Aja del 25 ottobre 1980, deduce che il Tribunale per i Minorenni ha errato nel ritenere che la richiamata Convenzione preveda l'intervento dell'autorità giudiziaria per la regolamentazione del diritto di visita solo quando detto diritto non sia stato riconosciuto, contemplando essa l'intervento del Tribunale per i Minorenni anche nell'ipotesi in cui sia necessario tutelare l'esercizio di un diritto di visita gi stabilito, sia nello Stato di residenza abituale del minore che in quello di residenza del genitore non affidatario, regolandone le modalità di esercizio.

Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 317 e 155 c.c. e 6 della legge n. 898 del 1970, si deduce che il provvedimento impugnato, affermando che era stato riconosciuto il diritto di visita della P., da esercitare "in base alla prudente valutazione del genitore affidatario", non ha considerato che rimettere al mero arbitrio dell'altro genitore detto diritto equivale ad una negazione dell'effettivo esercizio di esso e non ha rilevato che costituisce obbligo del giudice quello di stabilire le modalità di esercizio dei diritti spettanti al genitore non affidatario. Si aggiunge che anche nell'ipotesi di ritenuta non applicabilità della Convenzione de l'Aja il Tribunale per i Minorenni avrebbe dovuto disciplinare l'esercizio del diritto di visita in Italia, precisando modalità e tempi tali da consentire un concreto rapporto affettivo tra madre e figlie.

Con il terzo motivo, denunciando omissione, insufficienza e contraddittorietà di motivazione, si deduce che con l'affermare che la declaratoria di decadenza della madre dalla potestà genitoriale, pur impugnata dinanzi al giudice di legittimità, costituiva indice della valutazione di inaffidabilità formulata dai giudici veneziani il Tribunale per i Minorenni ha errato per un triplice ordine di ragioni: in primo luogo perché l'esame allo stesso demandato era limitato alla verifica della sussistenza dei presupposti per l'applicazione della Convenzione, senza alcuna indagine o apprezzamento di merito; in secondo luogo perché comunque la decadenza dalla potestà non comporta di per sè l'esclusione delle visite da parte del genitore decaduto ancora, sotto il profilo motivazionale, perché la pretesa inaffidabilità della P. avrebbe potuto rilevare ai fini della regolamentazione dell'esercizio del diritto di visita in misura garantita e protetta, non già per rifiutare l'applicazione della Convenzione.

Con il quarto motivo, denunciando omissione, insufficienza e contraddittorietà di motivazione, si sostiene che il Tribunale per i Minorenni, ritenendo l'esistenza di un "alto rischio di rapimento, così ben descritto dai giudici israeliani", con riferimento alla sentenza emessa dal Tribunale di Tel Aviv il 16 aprile 1999, ha mancato di considerare altri e ben più pregnanti elementi emergenti dalla documentazione prodotta, che avrebbero dovuto indurre ad escludere con certezza l'esistenza di un rischio siffatto, ed ha erroneamente affermato, in difetto dei relativi elementi fattuali, che la ricorrente si era resa responsabile di "ben due sottrazioni delle figlie".

Tali motivi, da esaminare congiuntamente per la loro logica connessione, sono infondati.

Va ricordato che il "diritto di visita", configurato nell'ordinamento Italiano come uno strumento in forma ridotta o affievolita per l'esercizio del fondamentale diritto - dovere di entrambi i genitori di mantenere, istruire ed educare i figli, che riceve riconoscimento costituzionale nell'art. 30 comma 1 Cost. e che l'art. 147 c.c. pone tra gli effetti del matrimonio, trova specifica tutela nella Convenzione de l'Aia del 1980, secondo quanto espressamente enunciato nel suo e preambolo e nell'art. 1 lett. b). La Convenzione non fornisce una definizione di detto diritto, ma all'art. 5 ne precisa il contenuto ricomprendendovi il "diritto di condurre il minore in un luogo diverso dalla sua residenza abituale per un periodo limitato di tempo".

Le norme che specificamente disciplinano il diritto in discorso sono l' art. 7 lett. f), che nell'ambito del dovere di cooperazione al fine di conseguire gli obiettivi della Convenzione fa carico alle Autorità centrali di prendere i provvedimenti necessari per "avviare o agevolare l'instaurazione di una procedura giudiziaria o amministrativa, diretta a consentire l'organizzazione o l'esercizio effettivo del diritto di visita", e l'art. 21, il quale prevede che la domanda da inoltrare all'Autorità centrale può avere ad oggetto "l'organizzazione o la tutela dell'esercizio effettivo del diritto di visita", impegna le Autorità centrali agli obblighi di cooperazione al fine di assicurare un pacifico esercizio del diritto e assolvimento di ogni condizione cui esso possa essere soggetto, rimuovendo ogni ostacolo alla sua effettiva attuazione, e prevede infine la possibilità per le Autorità centrali di "avviare, o agevolare, una procedura legale al fine di organizzare o tutelare il diritto di visita e le condizioni cui esercizio di detto diritto di visita possa essere soggetto". In coerenza con T. previsioni l'art. 7 della legge n. 64 del 1994 fa riferimento alle istanze tendenti a "ristabilire l'esercizio effettivo del diritto di visita" ed alle richieste del procuratore della Repubblica al tribunale di ordinare il "ripristino del diritto di visita".

Dal complesso di T. indicazioni normative appare evidente l'applicabilità dello strumento offerto dalla Convenzione de l'Aja e dalla legge di ratifica nell'ipotesi - corrispondente alla fattispecie in esame, avuto riguardo al contenuto dell'istanza - in cui si invochi la tutela dell'esercizio effettivo di un diritto di visita gi riconosciuto e disciplinato, rimuovendo gli ostacoli frapposti dal genitore affidatario alla sua attuazione.

E' peraltro evidente che in ipotesi siffatte non è nei poteri del Tribunale per i Minorenni modificare il provvedimento regolatore del diritto in discorso emesso dal giudice competente, essendo esso chiamato solo a verificare se il diritto stesso sia stato leso nel suo effettivo esercizio e ad ordinarne eventualmente il ripristino.

E pertanto, pur rilevata l'inesattezza del passaggio motivazionale del decreto impugnato in cui sembra affermarsi che la Convenzione in discorso applicabile solo in mancanza di un provvedimento statale regolatore del diritto di visita, la soluzione adottata si profila corretta, avendo il giudice di merito comunque accertato che la possibilità di incontri tra la madre e le figlie disciplinata dal Tribunale per i Minorenni di Venezia non era mai stata interdetta e che non sussistevano impedimenti rilevanti all'esercizio del diritto di visita riconosciuto alla P.. In particolare il giudice adito, sulla premessa che l'unico provvedimento allo stato efficace tra le parti era quello del Tribunale per i Minorenni di Venezia in data 16 - 22 gennaio 1997, confermato in sede di gravame, che nell'ambito di una procedura ai sensi degli artt. 330, 333 e 336 c.c. aveva affidato le minori al padre, delegando al medesimo la regolamentazione dei contatti con la madre - in considerazione della pregressa sottrazione delle figlie da parte della P., con il loro trasferimento in Israele contro la volontà paterna ed in violazione degli impegni assunti con il giudice delegato - e sull'esatto rilievo che non era nei propri poteri sindacare detto; provvedimento n precisare tempi e modi di un diritto di visita già in quella sede regolamentato, e dando comunque atto che la stessa P. aveva investito il Tribunale ordinario di Genova per ottenere una nuova pronuncia sull'affidamento, ha rilevato che il D. non aveva mai impedito gli incontri tra la madre e le figlie, ma aveva continuato ad organizzarli in modo non arbitrario - sulla traccia, segnata da altro provvedimento in data 16 agosto 1999 del Tribunale per i Minorenni di Genova, successivamente annullato - sia con riguardo alla intensit delle visite che alle modalità del loro svolgimento, così da garantire la tutela della incolumità psicofisica delle minori ed al tempo stesso la maggiore spontaneità possibile del loro rapporto con la madre.

Il medesimo giudice ha altresì affermato, con apprezzamento in fatto non suscettibile di censura in questa sede, in quanto congruamente e logicamente motivato, che la remissione al padre della regolamentazione degli incontri non integrava una sostanziale denegazione del diritto di visita né valeva di per sè a determinare - in quanto comportante l'impossibilità per la madre di condurre le bambine in Israele - un effettivo ostacolo all'esercizio del diritto stesso, attesa la temporaneità dell'impedimento ad avvalersi del mezzo aereo dalla medesima addotto e comunque la possibilità di raggiungere l'Italia con mezzi diversi, ed ha conclusivamente e correttamente ritenuto che in tale situazione di fatto non sussistessero gli estremi per l'emissione di un provvedimento volto a garantire l'effettivo esercizio del diritto invocato.

Le osservazioni che precedono soccorrono ai fini del rigetto dell'unico motivo del ricorso incidentale, con il quale si deduce che il decreto impugnato avrebbe domato non gi rigettare, ma dichiarare inammissibile l'istanza, stante l'inapplicabilità alla fattispecie della Convenzione de l'Aja, per essere stata gi dettata una regolamentazione del diritto di visita.

L'esito della lite induce a compensare totalmente tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte di Cassazione riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese.

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