Per l'affidamento conta
la volontà del minore.

Commento del Regolamento europeo

Commento Regolamento (CE) n. 1347/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000

(Di Chiara Minasso)

Analisi del campo di applicazione: articolo 1

Introduzione

Il 1°marzo 2001 è entrato in vigore il regolamento del Consiglio della Comunità Europea n. 1347 del 29 maggio 2000, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi. ( [1] )

Esso riprende quasi completamente il contenuto della Convenzione, relativa alle stesse materie, che il Consiglio aveva adottato il 28 maggio 1998, ma che non è mai entrata in vigore in quanto è stata sostituita dal regolamento n. 1347/2000, come richiesto dal Trattato di Amsterdam. ( [2] )

Sia la Convenzione che il regolamento sono conosciuti, nel gergo degli addetti ai lavori, come "Bruxelles II", in quanto si ispirano al modello ben noto che ha garantito il successo della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 ( anch'essa oggi sostituita da un regolamento comunitario, il n. 44/2001, entrato in vigore il 1°marzo 2002 ).

La Convenzione del 28 maggio 1998 era illustrata dalla relazione esplicativa redatta dalla prof. Alegrìa Borràs ( in seguito citata come: relazione Borràs ); posto che il regolamento n. 1347 recepisce sostanzialmente il contenuto della citata Convenzione, tale relazione può essere utilizzata anche ai fini dell'interpretazione del regolamento in esame. ( [3] )

Scopo del regolamento n. 1347/2000 è quello di uniformare le norme di diritto internazionale privato degli Stati membri relative alla competenza giurisdizionale in materia di annullamento del matrimonio, divorzio, separazione e in materia di potestà dei genitori nei confronti dei figli avuti in comune, nonché di agevolare il riconoscimento rapido ed automatico e l'esecuzione delle decisioni relative attraverso un procedimento semplificato.

Il campo di applicazione del regolamento n. 1347/2000: articolo 1

Il regolamento n. 1347/2000 possiede un oggetto più ridotto di quello che suggerisce a prima lettura il suo titolo.

L'ambito di applicazione ratione materiae viene definito nell'art. 1, ai sensi del quale esso si applica " a) ai procedimenti civili relativi al divorzio, alla separazione personale dei coniugi e all'annullamento del matrimonio ", nonché " b) ai procedimenti civili relativi alla potestà dei genitori, quando vengono instaurati in occasione dei procedimenti in materia matrimoniale e quando riguardano i figli di entrambi i coniugi.

La determinazione del campo di applicazione comprende varie questioni, riguardanti sia il tipo di azioni sia le materie contemplate.

In primo luogo, soltanto il matrimonio "classico" è preso in considerazione dal regolamento, infatti esso non affronta le questioni sollevate dalle convivenze nonché dalle unioni omosessuali, nonostante la rilevanza sociale crescente di queste situazioni familiari.

Si può pensare che gli autori del regolamento non abbiano ancora considerato maturo il terreno per disciplinare in modo uniforme gli aspetti internazionalprivatistici di questi rapporti familiari e ciò rischia di rendere il regolamento antiquato a breve termine.

Per quanto riguarda le convivenze, in sede di elaborazione del regolamento n. 1347, il Comitato economico e sociale aveva espresso il parere ( [4] ) secondo cui " Nemmeno la Commissione ignorerà che negli Stati membri la convivenza non è sempre suggellata formalmente dal matrimonio".

Il Comitato auspica che la Commissione studi le misure necessarie per assicurare il riconoscimento automatico e la possibilità di dare esecuzione anche alle decisioni eventualmente prese circa la potestà sui figli appartenenti al nucleo familiare quando tali tipi di convivenze prendono fine. Dato che la proposta in esame contempla unicamente le situazioni legate ai matrimoni, nell'interesse dei figli occorre prestare la massima attenzione alle disparità di trattamento che essa comporterà .

Tuttavia, il regolamento non ha esteso il suo ambito di applicazione alle convivenze, non recependo, quindi, il parere del Comitato economico e sociale;inoltre, non sono state prese in considerazione nemmeno le unioni omosessuali che, al contrario, hanno già formato oggetto di interventi normativi in vari Stati europei.

E' necessario rilevare che lo stesso Parlamento Europeo, in sede di approvazione della relazione annuale sui diritti civili relativa al 2000, ha chiesto a tutti i Paesi dell'Unione Europea di " introdurre la convivenza registrata tra persone dello stesso sesso, riconoscendo loro gli stessi diritti e doveri " previsti per le coppie eterosessuali.

La risoluzione ( che, com'è noto, non è vincolante per i governi, ma è soltanto un pronunciamento politico ) sollecita inoltre i Paesi membri dell'Unione Europea a garantire " alle coppie non sposate e alle coppie dello stesso sesso parità di diritti rispetto alle famiglie tradizionali, in particolare in materia di legislazione fiscale, regime patrimoniale e diritti sociali".

Dunque, il quadro che emerge è quello di una Unione Europea ormai avviata a riconoscere leggi sulle convivenze e sulle unioni omosessuali in ogni suo Stato, pertanto la restrizione dell'ambito di applicazione del regolamento n. 1347 al solo matrimonio "classico" appare piuttosto antiquata.

In proposito Gaudemet-Tallon ( [5] ) si domanda se, " posto che certe legislazioni regolano un vero e proprio "matrimonio" omosessuale ( e non più una semplice unione ), le coppie che beneficiano di queste norme potranno pretendere di beneficiare anche del regolamento n. 1347/2000".

Si può ritenere che, posto che il regolamento, come illustrato in precedenza, non dice nulla in proposito, la risposta dipende dalla qualificazione della modalità di rottura di questo rapporto secondo la legge applicabile.

Se questo non può essere rotto che sotto il controllo giudiziario o amministrativo, la sua dissoluzione sembra essere disciplinata dal regolamento.

Se si tratta, al contrario, di un'unione alla quale può essere posta fine con la sola volontà delle parti, la sua dissoluzione non rientra nel campo dell'art. 1, par. 1.

Per quanto riguarda il tipo di azioni, il preambolo ( punto 9 ) del regolamento, riferendosi all'art. 1, par. 2, enuncia che: " Il campo di applicazione del presente regolamento è limitato ai procedimenti civili e ai procedimenti non giudiziari previsti in materia matrimoniale in determinati Stati membri, ad esclusione dei procedimenti di natura meramente religiosa. Di conseguenza è opportuno precisare che il termine < < giudice > > ricomprende le autorità giudiziarie e non giudiziarie competenti in materia matrimoniale."

La relazione Borràs ( [6] ) spiega che l'espressione "procedimenti civili" intende delimitare chiaramente l'oggetto specifico del regolamento; questo termine deve ritenersi comprensivo dei procedimenti di carattere amministrativo cui si riferisce il par.2 del medesimo articolo, ma non chiaramente dei procedimenti di carattere strettamente religioso, la cui importanza potrebbe aumentare per effetto dell'immigrazione ( in caso di matrimoni islamici, ad esempio ).

Tuttavia, come indica il preambolo ( punto 20 ), il regolamento all'art.40 salvaguarda gli accordi conclusi tra alcuni Stati membri e la Santa Sede.

Infatti è stato necessario tenere conto che il Portogallo concordatariamente conferisce ai tribunali ecclesiastici cattolici giurisdizione esclusiva a decidere della validità dei matrimoni celebrati in conformità allo stesso Concordato con la Santa Sede, e attribuisce valore civile alle loro pronunce.

Analogamente Italia e Spagna, pur non conferendo ai tribunali ecclesiastici giurisdizione esclusiva, prevedono che alle sentenze con le quali detti tribunali dichiarano la nullità del matrimonio possano essere attribuiti effetti civili.

Il regolamento si pronuncia sulle sorti di questi Concordati e riprende, in sostanza, le soluzioni che erano state adottate dalla Convenzione del 1998 ( Convenzione di "Bruxelles II" ).

Quindi, l'art. 40, par. 1 e 2, facendo salvo il Concordato tra Portogallo e Santa Sede, stabilisce che le decisioni relative all'invalidità di un matrimonio pronunciate dai tribunali ecclesiastici, sulla base del citato Concordato, beneficeranno delle disposizioni sul riconoscimento previste dal Capo III del regolamento.

Per quanto riguarda l'Italia e la Spagna, l'art. 40, par. 3 prevede che il regolamento non impedisce ai tribunali ecclesiastici di esercitare la loro competenza e, nel caso in cui uno di questi tribunali pronunci l'annullamento di un matrimonio, la sua decisione sarà riconosciuta nell'Unione Europea secondo il Capo III del regolamento.

Per contro, nel caso in cui gli effetti civili di queste decisioni siano subordinati ad una sentenza di delibazione, è tale sentenza statale che beneficerà delle norme del regolamento sul riconoscimento automatico.

Un'altra questione di notevole importanza riguarda le materie contemplate all'art. 1e, in proposito, come sottolinea il rapporto Borràs ( punto 21 ), " occorre operare una distinzione tra le questioni meramente matrimoniali e quelle relative alla responsabilità dei genitori".

Per quanto riguarda le prime, dalla lettura del preambolo ( punto 10 ) e della relazione Borràs ( punto 22 ) si desume che il regolamento intende disciplinare soltanto i procedimenti " specificamente relativi al vincolo matrimoniale ", ossia all'annullamento del matrimonio, al divorzio e alla separazione.

In proposito, tenuto conto che il regolamento n. 1347 è uno strumento "doppio" ( secondo il modello ben noto della Convenzione di Bruxelles del 1968 ), in quanto prevede norme sia sulla competenza giurisdizionale che sul riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni straniere, è necessario fare una precisazione.

Il giudice competente in base all'art. 2 del regolamento sarà competente a pronunciarsi sia sullo scioglimento del matrimonio, sia su questioni quali la colpa di uno dei coniugi, l'attribuzione ad uno di essi di un assegno di mantenimento, gli effetti del divorzio sul nome…

Tuttavia, dal lato del riconoscimento delle decisioni, il preambolo ( punto 10 ) è chiaro nell'affermare che: " Il riconoscimento delle decisioni di divorzio e annullamento riguarda soltanto le questioni relative allo scioglimento del vincolo matrimoniale".

Ciò significa che, com'è spiegato nel rapporto Borràs ( punto 64 ), il riconoscimento delle decisioni in uno Stato membro diverso da quello in cui sono state rese " non riguarda le questioni relative alla colpa dei coniugi, a regimi matrimoniali, alimenti o altre conseguenze economiche, o di altro tipo, comprese nella decisione. Si tratta unicamente del riconoscimento dello scioglimento del vincolo matrimoniale e della separazione legale dei coniugi."

Per quanto riguarda le obbligazioni alimentari, queste non sono trattate dal regolamento in quanto tale materia è già compresa nel campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles del 1968 ( art. 5 ) e ora del regolamento n. 44/2001 ( art. 5 ). ( [7] )

La Corte di giustizia ha dato un'interpretazione ampia a questa materia, dicendo che le obbligazioni alimentari devono avere ad oggetto il mantenimento di uno dei coniugi e che la determinazione del loro ammontare deve tenere conto dei bisogni e delle risorse dei coniugi stessi. ( [8] )

L'art. 5, n. 2 del regolamento n. 44/2001 disciplina una regola di competenza speciale in materia di obbligazioni alimentari; esso prevede che " se si tratta di una domanda accessoria ad un'azione di stato delle persone ", il debitore di alimenti – oltre che nello Stato del proprio domicilio ex art. 2 – può essere convenuto " davanti al giudice competente a conoscerne, secondo la legge nazionale, salvo il caso che tale competenza sia fondata unicamente sulla nazionalità di una delle parti".

In altri termini, il giudice competente secondo il regolamento n. 1347/2000 a conoscere di un procedimento di scioglimento del matrimonio o di separazione, sarà anche competente per le azioni accessorie alimentari sulla base del regolamento n. 44/2001.

Questo foro di carattere accessorio è subordinato alla sola condizione che la competenza del giudice adito per il procedimento relativo allo status non si fondi esclusivamente sulla cittadinanza di una delle parti.

Tuttavia, posto che nessuno dei fori previsti dal regolamento si basa sulla cittadinanza di uno solo dei coniugi, l'art. 5 n. 2 del regolamento n. 44/2001 permetterà sempre al giudice di uno Stato membro competente per la causa matrimoniale di conoscere anche della domanda relativa agli alimenti.

Tra le materie contemplate all'art. 1 del regolamento, come spiega il rapporto Borràs ( punti 23-26 ), il tema più complesso riguarda indubbiamente la responsabilità dei genitori. Infatti, mentre l'ordinamento interno di alcuni Stati esige che la decisione in materia matrimoniale tenga conto delle questioni relative a questa responsabilità, in altri Stati le questioni matrimoniali e quelle relative alla protezione dei figli minori seguono vie diverse, poichè la decisione relativa al matrimonio non riguarda necessariamente la responsabilità dei genitori e si può addirittura demandare ad una autorità differente la decisione su quest'ultima.

Tuttavia,come spiega il preambolo ( punto 11 ), l'inclusione di questa materia nel regolamento vale unicamente per le questioni concernenti la responsabilità dei genitori che siano connesse con il procedimento relativo al vincolo matrimoniale, mentre lo stesso è in corso.

Rimangono quindi fuori dal suo ambito di applicazione le medesime questioni relative ai figli che si propongano in un momento successivo; queste saranno regolate, ad esempio, dalla Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, dalla Convenzione Europea ( Lussemburgo, 20 maggio 1980 ) sul riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e ristabilimento dell'affidamento, dalla Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961 sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori e, in futuro, dalla Convenzione dell'Aja del 19 ottobre 1996 sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità dei genitori e di misure di protezione dei minori ( non ancora entrata in vigore ).

Si può ritenere che questo fatto faccia perdere molto interesse pratico al regolamento in quanto ne restringe, ancora una volta, l'ambito di applicazione, come ha sottolineato, del resto, il Comitato economico e sociale nel parere espresso in merito alla proposta di regolamento formulata dal Consiglio ( [9] )

Al momento dell'elaborazione della Convenzione di "Bruxelles II" era sorto il problema di determinare a chi si applicasse la disposizione prevista all'art. 1, lett. b).

Infatti, come si legge nel rapporto Borràs ( punto 25 ), sussisteva un accordo sul fatto che tale Convenzione si estendesse sia ai figli biologici della coppia che ai figli adottivi adottati da entrambi i coniugi. Ciononostante alcuni Stati avevano avanzato la possibilità di trattare la responsabilità dei genitori non solo sui figli in comune, ma anche sui figli di uno dei coniugi avuti da unioni precedenti.

L'opinione prevalsa fu quella di limitarsi ai figli in comune, poiché si tratta di procedimenti relativi alla responsabilità dei genitori strettamente vincolati ad una domanda di divorzio, separazione o annullamento. Secondo gli Stati contraenti, una soluzione diversa avrebbe potuto ledere i diritti fondamentali del padre o della madre che vivesse in un altro Stato membro.

In sede di elaborazione del regolamento n.1347, il Comitato economico e sociale ( [10] )aveva espresso il parere secondo cui " Il principio della tutela della parte più debole va ribadito con fermezza e, in tale logica, è auspicabile l'estensione del presente Regolamento, nella materia della responsabilità dei genitori, ai figli non comuni e a quelli adottivi, i quali rischiano di essere danneggiati ulteriormente per la specifica esclusione del loro caso dal presente Regolamento. Il Comitato auspica comunque che una più elevata tutele della parte più debole sia parte integrante dell'evoluzione normativa sia a livello nazionale che comunitario. "

Tuttavia, difformemente dal parere del Comitato economico e sociale, il regolamento n. 1347 ha recepito il contenuto dell'art. 1 della Convenzione di "Bruxelles II", sollevando diverse critiche in dottrina.

E' stato sottolineato infatti che, in un'epoca in cui le "famiglie allargate" si moltiplicano, è senza dubbio negativo che, quando il giudice pronuncerà la dissoluzione di una di esse, le decisioni che adotterà sui figli saranno riconosciute attraverso il regolamento soltanto per quanto riguarda i figli comuni della coppia. ( [11] )

In conclusione, è possibile affermare che uno dei difetti del regolamento n. 1347/2000 consista nel suo ambito di applicazione eccessivamente limitato.

Esso infatti, come illustrato in precedenza, non si occupa delle questioni concernenti la responsabilità dei genitori che non siano connesse con il procedimento relativo al vincolo matrimoniale.

In un'epoca in cui, a livello nazionale, il diritto internazionale privato è sempre più oggetto di "codificazioni" mediante testi completi e coerenti bisogna constatare che, al contrario, il regolamento in esame possiede un campo di applicazione piuttosto ristretto.Vi è il rischio di assistere ad una moltiplicazione di testi di diritto internazionale privato in materia familiare, ciascuno con un oggetto molto limitato, allo scopo di colmare le lacune del regolamento.

Inoltre, si può ritenere che il regolamento appaia per certi versi antiquato in quanto, in primo luogo, non si occupa delle convivenze e delle unioni omosessuali, nonostante la diffusione crescente di queste situazioni familiari; in secondo luogo, non prende in considerazione nuovi modelli familiari, che comprendono al loro interno anche i figli di uno solo dei coniugi.

Soltanto l'applicazione pratica potrà dire se il regolamento sarà utile ai cittadini dell'Unione Europea, o se invece sarà fonte di conflitti ulteriori.

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